Pubblichiamo il commento di Enzo Mazza CEO di FIMI (Federazione dell’Industria Musicale Italiana) in merito alla recente decisione della Corte di Giustizia Europea sul caso Brein / The Pirate Bay. Una decisione che travalica il confine della singola vicenda oggetto della disputa e che rischia di ridisegnare il regime di responsabilità delle piattaforme UUC (User Uploaded Content).
La sentenza, inoltre, appare in linea con la decisione della Corte di Cassazione italiana che nel 2009 accolse le tesi della Procura di Bergamo in merito al sequestro dello stesso sito. All’epoca, con la consulenza tecnica di FPM, i giudici bergamaschi imposero per la prima volta il blocco IP e DNS di un sito localizzato in territorio straniero, ponendo le basi giuridiche per le inibizioni all’accesso di siti web e mettendo a punto quello che ancora oggi è considerato lo strumento principe per intervenire sul fenomeno.
Nei giorni scorsi la Corte Europea di Giustizia ha emesso una decisione che è avrà un impatto significativo sui contenuti digitali e sulla responsabilità degli intermediari. In sostanza, per i giudici comunitari, anche se le opere illecite sono messe online da utenti di una piattaforma di condivisione, i suoi amministratori svolgono un ruolo imprescindibile nella messa a disposizione di tali opere e come tale violano il copyright.
Il caso nasce da un rinvio pregiudiziale nella causa tra l’associazione anti pirateria olandese, Brein, contro alcuni service provider per il blocco di “ The Pirate Bay “, nota piattaforma illegale, già bloccata in Italia dalla magistratura di Bergamo nel 2009.
Per la Corte, infatti, la fornitura e la gestione di una piattaforma di condivisione online di opere protette può costituire una violazione del diritto d’autore anche se le opere di cui trattasi sono messe online da utenti della piattaforma di condivisione, i suoi amministratori svolgono un ruolo imprescindibile nella messa a disposizione di tali opere.
Nella sentenza, la Corte stabilisce che la fornitura e la gestione di una piattaforma di condivisione online debbano effettivamente essere considerate un atto di comunicazione al pubblico ai sensi della direttiva copyright. Essa ricorda anzitutto la sua giurisprudenza precedente in materia, da cui risulta che, in linea di principio, ogni atto con cui un utente dà, con piena cognizione di causa, accesso ai suoi clienti ad opere protette può costituire un “atto di comunicazione”, ai sensi delle disposizioni comunitarie.
Nel caso di specie, è pacifico che opere protette dal diritto d’autore siano messe, mediante “The Pirate Bay”, a disposizione degli utenti di tale piattaforma, di modo che questi possono accedervi dal luogo e nel momento che scelgono individualmente. Pur ammettendo che le opere siano state caricate dagli utenti, la Corte sottolinea che gli amministratori della piattaforma svolgono un ruolo imprescindibile nella messa a disposizione di dette opere. In tale contesto, la Corte menziona l’indicizzazione dei file torrent da parte degli amministratori della piattaforma, affinché le opere a cui tali file torrent rinviano possano essere facilmente localizzate e scaricate dagli utenti.
Inoltre “The Pirate Bay” propone, in aggiunta a un motore di ricerca, una suddivisione in categorie, a seconda della natura delle opere, del loro genere o della loro popolarità. Gli amministratori provvedono peraltro a eliminare i file torrent obsoleti o errati e a filtrare in maniera attiva determinati contenuti. Dalle osservazioni presentate alla Corte risulta altresì che tale piattaforma sarebbe utilizzata da un numero considerevole di persone (sulla piattaforma di condivisione online si indicano al riguardo diverse decine di milioni di utenti). Gli amministratori di “The Pirate Bay” sono peraltro stati informati del fatto che la loro piattaforma dia accesso a opere pubblicate senza l’autorizzazione dei titolari di diritti.
Inoltre, gli stessi amministratori manifestano espressamente, sui blog e sui forum disponibili sulla piattaforma, il loro obiettivo di mettere a disposizione degli utenti opere protette, incitando questi ultimi a realizzare copie di tali opere. In ogni caso, dalla decisione dello Hoge Raad risulta che gli amministratori di “The Pirate Bay” non possano ignorare il fatto che tale piattaforma dia accesso ad opere pubblicate senza l’autorizzazione dei titolari di diritti.
Infine, la messa a disposizione e la gestione di una piattaforma quale “The Pirate Bay” sono realizzate allo scopo di trarne profitto, dal momento che tale piattaforma genera, come risulta dalle osservazioni presentate alla Corte, considerevoli introiti pubblicitari. La decisione europea in realtà contiene molti spunti già accennati nella sentenza della Corte di Cassazione italiana proprio su Pirate Bay, assunta ormai qualche anno fa.
La decisione segna un punto fermo molto rilevante per la tutela del copyright online perché la Corte assume una posizione molto ragionevole e allo stesso tempo molto robusta nell’affrontare il tema della responsabilità degli intermediari. Anche se la decisione riguarda torrent link o magnet link in realtà la Corte non si focalizza sulla soluzione tecnologica ma assume dei principi validi in molte situazioni assimilabili. Inoltre chiarisce come il ruolo della piattaforma sia essenziale nel consentire al proprio utente di comunicare al pubblico le opere caricate. Questo chiaramente ampia di molto la portata del coinvolgimento delle piattaforme, e qui si pensa soprattutto ai servizi UUC (user uploaded content) che a questo punto difficilmente possono esimersi da responsabilità per le opere messe a disposizione, avendo piena consapevolezza dell’attività posta in essere dall’utente con il caricamento di opere illecite.
Sostanzialmente la decisione europea sembra finalmente limitare di molto il “safe harbour” riconducendolo all’effettivo ruolo passivo di una piattaforma che fornisce esclusivamente un servizio tecnico, automatico e passivo, escludendo invece coloro che intervengono nel processo come provvedendo “a indicizzare i file”, “di modo che le opere a cui tali file” “rinviano possono essere facilmente localizzate e scaricate dagli utenti della suddetta piattaforma di condivisione”. O quando la piattaforma di condivisione online “propone, in aggiunta a un motore di ricerca, un indice che classifica le opere in diverse categorie, a seconda della natura delle opere, del loro genere o della loro popolarità, e che gli amministratori di tale piattaforma verificano che un’opera sia inserita nella categoria adatta. Inoltre detti amministratori provvedono ad eliminare i file torrent obsoleti o errati e filtrano in maniera attiva determinati contenuti”.
Un segnale molto deciso.