Nei giorni scorsi sono stati rilasciati due interessanti studi internazionali che riguardano il valore, l’occupazione e la ricerca e sviluppo nei settori creativi in Europa ed in particolare nel settore musicale. Si tratta di documenti che analizzano in dettaglio la rilevanza, per l’economia, di settori che stanno anche attraversando una fase di innovazione spinta, grazie al digitale. Un primo studio realizzato da EY (Ernst & Young) conferma il peso significativo dell’industria creativa nell’economia continentale . Complessivamente, nei 28 paesi membri, gli undici mercati analizzati (musica, film, editoria, giornali, televisioni, radio, videogiochi, architettura e design, arte e intrattenimento) hanno generato un turnover di 535,9 milioni di euro con 7,1 milioni di occupati, il 3,3 % della popolazione attiva nell’unione. Ben il 19 % degli occupati nell’industria creativa e culturale hanno meno di 30 anni e mentre in Europa, tra il 2008 e il 2012, la forza lavoro ha perso lo 0,7 % il settore delle Cci è cresciuto della stessa percentuale, 0,7% Solo il segmento musicale da occupazione ad oltre 1,6 milioni di europei.
L’industria creativa e culturale in Europa, conclude lo studio, costituisce un segmento molto dinamico e ad alto valore aggiunto con prospettive di ritagliarsi una sempre maggiore quota di mercato nella diffusione dei contenuti digitali. Come fonte di innovazione, le industrie della creatività e della cultura sono infatti all’avanguardia anche nell’economia digitale. Lo studio sottolinea che in media il 70% del tempo che si trascorre utilizzando un tablet viene impiegato per usufruire di beni culturali. Le imprese europee del settore, come Egmont, Grupo Planeta, La Scala, RTL Group, Nordisk Film, Deezer, Rovio Entertainment, Dorotheum, the BBC World Service, Publicis o Sweco, sono leader a livello internazionale ed esportano in tutto il mondo le loro creazioni. Sette dei dieci più grandi editori del mondo sono europei, come lo sono cinque dei dieci festival più importanti.
Lo stesso vale per la leadership mondiale nell’industria musicale, per due delle tre maggiori società pubblicitarie, ecc. Queste storie di successi riflettono la situazione nei rispettivi settori, poiché sono fondati sulla gestione e la ricchezza del settore della creatività in Europa; una vera garanzia di diversità culturale. Filippo Sugar, vicepresidente di Siae ha commentato come la ricerca “sottolinei ancora una volta l’importanza di quello che da sempre sosteniamo e tuteliamo: la creatività. Troppo spesso il settore della cultura viene percepito unicamente come svago e divertimento, costituisce invece un fattore di sviluppo per il Paese che può determinare la crescita del Pil” Allo stesso tempo, Ifpi, federazione dell’industria discografica mondiale, ha diffuso, durante un evento al Parlamento europeo a Strasburgo la nuova versione della ricerca Investing in Music Scorrendo i dati emerge come le case discografiche si confermino ancora il motore dell’industria musicale globale, con investimenti annuali che raggiungono i 4,3 miliardi di dollari in A&R e marketing. Le etichette rimangono quindi i primi e maggior investitori in artisti e repertorio, con il 27% di investimento (rispetto al 26% registrato nel 2011).
È stato inoltre riscontrato che negli ultimi 5 anni, le case discografiche nel mondo hanno investito più di 20 miliardi di dollari in A&R e marketing. Più di 7.500 artisti hanno firmato un contratto con una major nel 2013, a cui si aggiungono poi altre decine di migliaia di artisti considerando le etichette indipendenti. Tra questi, un artista su cinque è un emergente, proprio a sottolineare l’importanza del nuovo talento come linfa vitale dell’industria. Le case investono pertanto una parte dei ricavi globali in A&R che è maggiore rispetto a quanto in altri settori si investe in ricerca e sviluppo. Degli investimenti in A&R, solo quelli in ricerca e sviluppo (16%), superano gli investimenti in ricerca e sviluppo di settori come quello dell’informatica (9.9%) e dell’industria farmaceutica e biologica (14.4%). Nell’introduzione allo studio, il presidente di Ifpi, Placido Domingo ricorda come nella sua carriera sia sempre stato fondamentale il ruolo dell’etichetta discografica nell’affiancare e sostenere l’artista e come il successo sia legato agli investimenti della casa discografica e al lavoro in team tra quest’ultima e l’artista.